lunedì 25 giugno 2012

"Il momento è delicato" - Niccolò Ammaniti



Innovativo, geniale, esilarante: è Niccolò Ammaniti.
Uno scrittore che ad ogni sua pubblicazione riesce a sorprendermi in qualche modo.
E' successo con "Ti prendo e ti porto via", consigliatomi da un'amica e divorato in 3 giorni netti; è successo con "Come Dio comanda", il Premio Strega che mi ha dato più soddisfazione; è successo con "Io e te", racconto su cui non avrei scommesso niente e che poi ho finito per considerare un capolavoro.

E poi ecco che il caro Niccolò se ne esce con un'altra raccolta di racconti; un genere che, come lui stesso spiega, non è molto apprezzato dal grande pubblico e che, in poche e semplici parole, "non vende".
Autografo con dedica
In effetti io stessa per molto tempo non sono mai stata attratta in modo particolare dalle raccolte: ho sempre preferito avere per le mani un libro che contenesse un'unica storia. Non c'è una spiegazione razionale a questo, anche perché se a uno piace leggere delle storie, il fatto di averne tante a disposizione dovrebbe essere un valore aggiunto.
E invece le raccolte continuano a non attrarre i lettori.

Tutte, a parte "Il momento è delicato".
Un libro che ha venduto parecchio, forse anche - e soprattutto - grazie alla fama dell'autore, ma che, in assoluto, non delude.
Mi sono divertita molto a passare da una storia all'altra, da un genere all'altro, da un mondo all'altro. La scrittura di Ammaniti come al solito è ben oleata e, tra sprazzi di ironia ed elementi di continua sorpresa, costringe il lettore a non staccar mai gli occhi dalle pagine.

Tra tutti, i racconti che mi hanno entusiasmata maggiormente sono quelli della sezione "Rane e girini", dedicati al tema del rapporto genitori/figli e delle problematiche che i soggetti affrontano nelle varie fasi di crescita. Nulla togliere anche a "Giochiamo?", scritto con Antonio Manzini, e a "Un uccello molto serio", il racconto esilarante di un tradimento.

Ma al di là della parte narrativa, c'è una cosa che mi ha colpita molto di questo libro. E' l'introduzione che Ammaniti scrive al racconto "Il Festival Più Importante del Mondo" (pag. 303) e che spiega (non so se volontariamente o meno) la grande differenza che da sempre esiste tra giornalista e scrittore:

"Avevo da poco pubblicato i racconti di Fango. Cominciavo a scrivere qualche articoletto per i quotidiani quando un mensile mi chiamò a collaborare insieme a un sacco di altri scrittori (pagavano bene). Il direttore mi chiese che volevo fare e io dissi: - Mi piacerebbe andare a Sanremo. - Perfetto - fu la sua risposta. Così mi ritrovai al Festival, in quel casino, tra i giornalisti e i cantanti con un pass appeso al collo. Ero eccitatissimo. Seguii tutte le serate in sala stampa, tra centinaia di giornalisti che scrivevano furiosamente seguendo le esibizioni in diretta su un grande schermo. All'inizio provai anch'io a fare la cronaca, ma immediatamente capii che non era roba per me e cominciai a buttare giù un racconto di fantascienza (a quel tempo ero appassionato di Douglas Adams, l'autore di Guida galattica per gli autostoppisti) che poi ho finito a casa. Per il Festival di Sanremo vale quello che ha detto David Foster Wallace a proposito di una crociera ai Caraibi: «Una cosa divertente che non farò mai più»".

2 commenti:

  1. Bellissimo questo post, adoro le parole con cui hai descritto il tipo di scrittura ed il libro!! :)
    Un bacione tesorooooooo <3

    xoxo Greta
    http://ilfilodipenelopeblog.blogspot.it/

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  2. Adoro Niccolò Ammaniti. Ho letto tutti i suoi libri , il migliore secondo me è Che la festa cominci :) Ha un'ironia incredibile e una mente al di fuori del normale! Semplicemente fantastico :)Ti seguo!

    RispondiElimina

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